domenica 23 ottobre 2016

Settant'anni di Camposampiero: il dono e la memoria individuale che diventa collettiva






Abbiamo celebrato in questo fine settimana settant'anni di attività dell'Ente Camposampiero.

Il verbo è al plurale, perchè credo che questa realtà, nata nel 1946 per volontà di Giuseppe Camposampiero,. rappresenti al meglio l'identità della mia Città.
La solidarietà mai incline al manierismo, la concretezza dell'agire, la caparbia volontà di riscatto sono tratti che avvicinano la Pistoia di quegli anni alla Firenze di Giorgio La Pira, e in qualche modo all'esperienza di Don Milani.

Mi sembra che stia tutto qui il senso profondo di un'esperienza che ha saputo rimodellarsi negli anni, integrandosi con le mutate condizioni della popolazione, e stringendo nodi e relazioni che hanno fatto della Camposampiero uno dei punti di riferimento più importanti del nostro tessuto sociale. 
Sono tante le generazioni di pistoiesi che hanno varcato almeno una volta la soglia dell'antica struttura. 
Come ospiti del collegio, come studenti delle Officine, o come partecipanti alle attività delle Cooperative che oggi abitano quelle stanze, oppure per partecipare a qualche attività nei locali della Fabbrica delle Emozioni.

E quante emozioni si sono consumate in quelle stanze.
E' stato bello oggi passeggiare fra le foto recuperate e ristampate dal Gruppo Fotografico che ha trovato ospitalità proprio alla Camposampiero,. ed è stato bello ed emozionante ascoltare le storie di Alberto Bigagli e Pierluigi Pardini, che hanno raccontato in due libri i lunghi anni trascorsi alla Camposampiero.

Sono storie di riscatto, di fratellanza, di identità ritrovata. In una Pistoia che oggi forse non c' è più, ma che non è difficile immaginare, con la campagna che lambiva spazi oggi completamente antropizzati, con le riflessioni di un piccolo Pierluigi, che trova nella compagnia dei grilli e dell'erba umida il dialogo con la mamma che non c'è più, e trae dai suoi compagni la forza per andare avanti, per crescere e ricostruire la propria identità più profonda. 
Forse ce l'avrebbe fatta lo stesso, o forse no. Non lo sapremo mai, perchè il destino ha voluto che Pierluigi e tanti bambini come lui incrociassero sulla propria strada la lungimiranza, la forza e il coraggio dell'idea di Giuseppe Camposampiero, e la pertinacia della direttrice Borgioli.

La storia dell'Ente Camposampiero e del suo fondatore è la storia della nostra Italia. 
La storia di quel cattolicesimo progressista che seppe sposarsi con le istanze contadine ed operaie della nostra Città. Pienamente rappresentato da Giuseppe Camposampiero, che aveva vissuto assieme a Giorgio La Pira l'esperienza della rinascita democratica fiorentina avviata già durante la Seconda Guerra Mondiale e che decise di lasciare tutti i suoi averi ai cittadini poveri, nominando esecutrice testamentaria la professoressa Angela Borgioli, che con la sorella e un primo nucleo di volontari dette vita all'Ente Camposampiero.

Iniziò così un'esperienza che negli anni si sarebbe arricchita, sia nel numero degli ospiti -fino a 80 ragazzi- sia nell'offerta educativa e formativa. Tutto il contesto cittadino, dalle famiglie alle Istituzioni, ha collaborato per fare della Camposampiero un luogo accogliente, che desse una seconda possibilità ai suoi piccoli ospiti, e alle loro famiglie. Perchè il riscatto sociale, più di quello economico, è un diritto a cui nessun bambino deve rinunciare.
Non sono sempre stati facili gli anni, alla Camposampiero. E molte volte la Provvidenza - che figura anche nel nome dell'Ente- ha aiutato la direttrice ed i suoi piccoli ospiti. 
Mi sono commossa leggendo su uno dei pannelli approntati per la mostra l'episodio svoltosi durante uno dei primi Natali trascorsi nel convitto: si raccontava che durante la vigilia uno degli ospiti, sentendo le lacrime della Direttrice che gli bagnavano i capelli le chiese perchè piangesse. 
La Professoressa Borgioli piangeva perchè era Natale, e lei non aveva niente da offrire ai bambini. Ma esortò comunque il piccolo a sperare e pregare. 
La Provvidenza (Divina per chi crede) avrebbe fatto il resto. 
E lo fece davvero, perchè ci fu chi si adoperò per far arrivare ai piccoli ospiti ciò di cui avevano bisogno. 

Al di là dell'aspetto religioso -che può non interessare tutti- mi pare che in questo episodio ci sia un mondo intero: la trepidante preoccupazione di un'insegnante che portava sulle spalle un peso ben più grande di quello educativo -già di per sè imponente- la Speranza che trova soddisfazione, un territorio che si attiva, e il sapore delle piccole cose che danno senso al vivere.

Così come è stato bello vedere uomini adulti, alcuni un po' in là con gli anni, ritrovarsi dopo lunghi decenni e riconoscersi, raccontarsi e raccontarci come le loro vite si erano dipanate dopo l'uscita dalla Camposampiero.

Negli anni, l'attività della Camposampiero è andata sempre più declinandosi come attività di carattere sociale, e nacque così l'idea del Centro Giovani, per lavorare sul disagio giovanile con lo stesso spirito che animò Giuseppe Camposampiero, Angela Borgioli, Imo Gorini e tutti gli animatori della Camposampiero: aiutare i giovani portatori di disagio: aiutandoli ad assumere consapevolezza di se stessi e del ruolo che possono svolgere nella società, indipendentemente dal contesto nel quale sono nati.

Dalla compenetrazione fra il Centro di Formazione e la scelta di aiutare i giovani ad uscire da disagio e isolamento, in tempi recenti, nasce l'impegno della Camposampiero per come oggi lo conosciamo, con particolare riferimento.

Ecco, oggi è stato bello ed emozionante ripercorrere questa storia.
Che è la storia del nostro Paese, della nostra Pistoia.

La nostra storia, infine.   

  



mercoledì 19 ottobre 2016

Di DemocraticaMente e del perché è stata "buona la prima"




DemocraticaMente è nata in una fresca sera di qualche mese fa.
Non ricordo se fosse una notte buia e tempestosa, ma forse qualcuno che si inquieta ci sarà.
E va bene così.

C'è bisogno proprio di questo,più che di cose che piacciono a tutti (di queste ce ne sono anche troppe).
Perché la politica -quella vera- deve rompere gli schemi,e non solo quelli!

Dopo quella prima serata ne sono seguite molte altre,nel corso delle quali ci siamo via via confrontati,a volte anche aspramente.
Su tutto:dalle questioni organizzative,a quelle strategiche e di fondo.
Perché nella nostra Associazione ci sono esperienze,storie e sensibilità anche molto diverse fra loro.
Ma proprio tanto,eh!

E credo che proprio questo sia il gradiente più importante,quello che rende così interessante e fecondo questo luogo politico,che fa del reciproco ascolto e quindi della contaminazione il tema principale,l' asse portante che ispira il pensiero politico di questa giovanissima esperienza.
E tutto questo,il tema della contaminazione,dello scambio,dell' influenza positiva,della disarticolazione degli schemi precostituiti e della ricomposizione attorno ai valori radicati e fondanti dell'esperienza comunista,del cattolicesimo progressista e della socialdemocrazia,non è forse la ragione che ha determinato la nascita stessa del Partito Democratico?

Abbiamo inventato qualcosa di nuovo?

No.La sensazione è che semplicemente abbiamo riscoperto le radici profonde del nostro Partito,a partire dai suoi atti fondativi.
Un po' come sceglie di fare il protagonista del romanzo "Áu rebours" di Huysman (con un po' meno di nevrosi,a dire il vero..).

Il clima di simpatia che percepiamo attorno a noincredo dipenda proprio da questo.
Tornare fra le persone,ascoltarle,farsi carico dei loro problemi (che poi sono i nostri) è un fardello che ci assumiamo volentieri.

E se nei corridoi è echeggiato qualche aggettivo non proprio lusinghieri,se c'è qualcuno che si è chiesto cosa c'è "dietro" a questa esperienza troppo giovane per essere giudicata,vorrei dire che più che a ciò che c'è dietro,è utile guardare a ciò che c'è davanti:persone che si impegnano e impegnano tempo ed energie per passione,e per cercare di dare risposte che non sempre la politica è in grado di dare.E per cercare di stringere quei nodi che tendono ad allentarsi ormai da troppo tempo.

Ai miei amici di DemocraticaMente vorrei dire grazie.
Non so dove ci porterà questa esperienza,ma so cosa mi ha portato finora:la riscoperta della passione politica,e la soddisfazione di fare sul serio senza prendersi troppo sul serio.


La prima è stata buona.
E lo sarà anche la seconda,e tutte le iniziative che verranno dopo.
Metterci impegno,passione e le competenze che abbiamo è già una vittoria.

Allora per chi mi legge l' appuntamento è venerdì 28 ottobre alle 18.00 preso la Fondazione Tronci a Pistoia per un dialogo aperto sul fine vita,a 10 anni dal caso Welby.

Noi ci saremo,con mente specchiata e un'organizzazione secondo taluni da "armata Brancaleone" che però,almeno per la prima prova pubblica,ha funzionato come un orologio svizzero.

Perché col cuore si va lontano.
E se c'è un po' di cervello ancora di più..

giovedì 13 ottobre 2016

Il Giubileo del Lavoro:una bella iniziativa a cura della Pastorale Sociale e del Lavoro della Diocesi di Pistoia



"Cominciate col fare ciò che è necessario,poi ciò che è possibile. E all'improvviso vi sorprendente a fare l'impossibile"
(San Francesco d'Assisi)

Non ho mai utilizzato questo mio spazio personale per promuovere un'iniziativa.

Stavolta voglio invece farlo, perché questo nostro territorio è ricco di tante esperienze ed energie in grado di proporre spesso un punto di vista originale, ed attraverso questo costruire nuove soluzioni.
E quindi, come ci dice San Francesco, partire dal necessario per arrivare a ciò che sembrava impossibile.

Non nascondo che personalmente vedo nella Diocesi di Pistoia, e in particolare nella Pastorale Sociale e del Lavoro una punta avanzata di questo tessuto così fecondo di idee, progetti e visioni.
Conosco direttamente tante persone che animano questo spazio, e sono legata a loro da stima che spero reciproca; rapporti che si sono sviluppati e sono cresciuti negli anni, fuori dalle relazioni istituzionali nelle quali erano nati.

E allora mi sento di suggerire a coloro che hanno voglia ed interesse a stringere nodi, intessere relazioni e provare ad andare oltre le appartenenze, di partecipare all'iniziativa che si terrà venerdì 14 ottobre alle ore 21.00, alla Cattedrale di San Zeno.

Sarà un momento nel quale, dopo i saluti del Vescovo, Monsignor Fausto Tardelli, e una riflessione a cura dell'amico Renzo Innocenti, i partecipanti potranno raccontare le proprie esperienze sulla realtà del mondo del lavoro, quello attuale, vero, non quello che ci viene troppo spesso raccontato.

Il titolo dell'iniziativa, "Giubileo del Lavoro", ha un sapore di per sé quasi programmatico, in grado di lanciare due sfide, entrambe di grande significato.

La prima: in un momento così complesso come quello che da troppi anni stiamo vivendo,con una crisi talmente potente da rimettere in discussione la coesione sociale anche nelle realtà in cui il tessuto connettivo è più forte, affiancare il tema del lavoro -che spesso è il lavoro che non c'è- a quella che è la festa per antonomasia -il Giubileo, appunto- significa fare una scelta di campo: scegliere la consapevolezza che dalla condivisione nasce sempre qualcosa di nuovo.
È attraverso l'Ecclesia, per i cattolici, o la collettività, per chi la vede in senso laico, che si cresce. O perlomeno ci si mette in condizione di condividere, anche in senso etimologico, i propri dubbi, le proprie paure, le inquietudini personali. E condividendo, il fardello si alleggerisce.

La seconda sfida forse è ancora più significativa: il mondo del lavoro e il mondo cattolico che si incontrano.
Di più: si fondono.
Questa idea richiama davvero quella che Papa Francesco, nella sua Enciclica "Laudato si' "ha definito "ecologia umana", quale missione più alta per il cattolicesimo progressista e militante. Quello più vicino al messaggio del Vangelo, in fin dei conti.
Che guarda agli ultimi senza alcun paternalismo, ma aprendosi a loro, accogliendoli come individui, al di là del loro percorso di vita e delle scelte compiute. E che assieme a loro sceglie di mettersi in gioco, rompendo di volta in volta gli schemi precostituiti.

Questa iniziativa io mi sento di consigliarvela.

Nell'anno che precede quello della Capitale della Cultura, costruire una cultura della solidarietà rappresenta una scommessa che laici e cattolici possono cogliere e vincere assieme.

Il tempo che viviamo, così incerto, instabile e spesso destabilizzante, richiede nuove soluzioni, nuovi canoni interpretativi di urgenze sempre più drammatiche; mi pare che dalla Città della Settimana Teologica, che sarà la Capitale Italiana della Cultura stia prendendo forza un messaggio di grande valore, culturale e sociale prima ancora che di fede.