venerdì 18 novembre 2016

Pronti...Via! Capitale della Cultura sia!


Fotografia tratta dalla pagina Facebook "Per Samuele Bertinelli"


Ci siamo!

Questa settimana, il 2017 e la Capitale della Cultura sono sembrati davvero più vicini.
Sono stati due i passaggi fondamentali di questi giorni: la presentazione del logo che ci accompagnerà per tutto il 2017 (con le consuete polemiche pistoiesi, tanto per parlare di identità), e la presentazione del bando per il cuore pulsante del prossimo anno: i progetti culturali delle associazioni pistoiesi, presentato stamani a Palazzo di Giano. Cinquantamila euro che andranno a finanziare i progetti che le associazioni del territorio presenteranno, e che potranno usufruire di contributi da parte dell'Amministrazione per importi da 1000 a 5000 euro.

Voglio soffermarmi su questo bando, per chiudere poi con un paio di battute sul logo.

Il valore dell'atto presentato oggi non è soltanto di natura economica; c'è molto di più, in questa scelta.
C' è la consapevolezza che essere la Capitale della Cultura significa innanzitutto generare energie, mettere in circolo non solo (e forse non tanto) risorse materiali, ma soprattutto quelle immateriali, quella "polvere di stelle" di cui è fatta la cultura. Quella vera, quella che resta sul territorio, quella che rimarrà nei nostri vicoli, nelle nostre menti e nei nostri cuori quando il 2017 sarà terminato, e la nostra Città dovrà essere in grado di continuare  a renderci orgogliosi di lei (vabbè, noi lo saremo e saremmo comunque :-) ). 

E la sfida, miei cari concittadini, starà tutta lì. 
E d'altronde, un po' quella sfida già l'abbiamo vinta, ottenendo senza clamori e senza mutare di una virgola il nostro modo d'essere.
Quella compiuta stamani è, dunque, una scelta eminentemente e squisitamente politica.

Investire le risorse (quelle che ci sono, ovviamente) nel e per il nostro associazionismo.

Torniamo però al bando, il cui contenuto è ovviamente consultabile sul sito del Comune.
Ci sono alcuni aspetti che mi sembrano particolarmente rilevanti.
Innanzitutto, il bando è rivolto ad Associazioni che hanno sede e svolgono l'attività a Pistoia, e per progetti che si svolgeranno sul nostro territorio.
Dovranno poi essere Associazioni senza scopo di lucro, con una struttura democratica, cariche associative gratuite, con un bilancio trasparente, e che non pongano limiti discriminatori alle iscrizioni.
Tutte caratteristiche che evidentemente tendono ad affermare un  principio: si guarda a realtà fortemente radicate sul territorio, che intendono il proprio agire come pienamente democratico ed effettivamente svolto nell'interesse gratuito della collettività.
Oltre ai progetti che otterranno i finanziamenti, il Programma di Pistoia Capitale ne accoglierà anche altri, che potranno usufruire dei canali promozionali messi a disposizione dall'Amministrazione.

E, signori, questa è la Cultura per me. La Cultura migliore. 
Quella consolidata, vera, piena. Quella che migliora la vita di chi la produce e di chi ne fruisce.
Quella che si confà ad una città che ha un patrimonio così consolidato di associazionismo e di Istituti culturali, che è stata in grado, nel silenzio e nel lavoro quotidiano, di costruire un sistema, un sistema solido, perchè fortemente connesso nel reticolo delle nostre vie, e intrecciato con le pietre delle nostre bellissime mura (che, fra l'altro, usciranno più belle da questo 12017).


Lasciatemi dire una cosa. 
Ricordo i sorrisi ironici di molti, che dicevano che questo anno che ci attende sarebbe stato  l'anno dell'elitarismo, che questa nomina sarebbe passata come una folata di vento sulla nostra Pistoia, e che terminato il 2017 niente sarebbe rimasto impigliato fra i rami e le foglie dei vivai.
Credo che, se Pistoia e il suo associazionismo sapranno rispondere, questa sfida possa e debba essere interamente giocata. 
Tocca a noi dimostrare che Pistoia può farcela. 
Che noi possiamo farcela. 
Abbiamo un mese di tempo circa: il bando scade alle 12,00 del 15 dicembre.
Un mese per dimostrare che a Pistoia siamo un po' brontoloni, ma che quando ci offrono un'occasione sappiamo coglierla.

Per fare più forte il nostro territorio. 
Per fare più forti noi stessi. 
Perchè il 2017 non sia solo un anno, ma l'anno da cui ripartire. 
Per scrivere un nuovo tempo, tutti assieme, con la risorsa più importante che abbiamo: noi stessi. 
E sappiamo cosa questo significa: con i pistoiesi non si scherza!  


P.S. Nella foto potete vedere il logo scelto per Pistoia Capitale della Cultura 2017.
Guardatelo un po'. 
Tornateci con gli occhi, e con la mente: in un primo momento anche io non ero rimasta proprio colpita. 
Poi ho cominciato a guardarlo, ogni tanto. 
E ho capito che invece ha soprattutto un grande pregio: è semplice. Senza fronzoli. 
Quadrato, ma un po' di sbieco. 
Imperfetto. 
Solido, ed intrecciato, come le nostre mura e le stradine medievali. 
Chiuso in sè, ma percorso da incroci ed intrecci che ci portano fuori da noi, verso il mondo. 
Come il 2017. 


Dalla Relazione di accompagnamento al logo:
"La città – si legge nella relazione descrittiva del progetto vincitore - custodisce infinite ricchezze, che in molti casi hanno trovato visibilità grazie ad importanti manifestazioni ed a strutture culturali che le hanno permesso di sconfinare oltre le proprie mura.
È proprio da questo concetto che parte l’idea del logotipo presentato. L’attenzione si focalizza quindi sul “passaggio che genera nuovi stimoli”. La città viene attraversata da cittadini, da turisti, da iniziative e da manifestazioni, ogni passaggio modifica il territorio e la città, che si arricchisce di tutto ciò da cui è attraversata e può in questo modo uscire dai propri confini.
Unendo la conformazione fisica di Pistoia a questo concetto, ne viene fuori un’intersezione di strade, percorsi trasversali che, incontrandosi, generano ricchezze e nuovi stimoli. È così che le tre cerchie di mura cittadine si prolungano per cercare dei punti di contatto, trasformandosi, da simbolo di chiusura, in simbolo di apertura, di scambio.
Le linee infatti seguono l’andamento reale della prima e della seconda cerchia di mura, come se ogni tratto si prolungasse per dare vita ad un’intersezione di strade. Così come si intersecano i tratti del logo, anche i colori non sono statici, si fondono assieme per dare vita ad un gradiente che include toni caldi e toni più freddi. 
Il marchio intende così promuovere Pistoia come città per tutti. Una città a misura d’uomo, capace di colpire chi l’attraversa con le sue molteplici sfaccettature e il suo patrimonio unico”.

mercoledì 9 novembre 2016

Di Trump,Hillary,Obama...e Mentana. Alcune prime riflessioni....



Questa non è un'analisi politica.
Prima di tutto, perchè non ho gli strumenti scientifici per proporre un'analisi, né le competenze per svolgerla.
Ed in secondo luogo perchè a così poche ore di distanza dalle Presidenziali che hanno avuto questo esito, trovo perfino difficile ragionare con sufficiente lucidità
Infine, e parto da qui, perchè credo che questo voto ci suggerisca una grande quantità di riflessioni, e richieda un giusto grado di sedimentazione per essere ben ed utilmente interpretato.


Voglio però, anche per cercare di dar maggior solidità alla ridda di pensieri che da stanotte -complice l'instancabile Mentana- mi affollano la mente e, purtroppo, il cuore, cercare di avanzare qualche sollecitazione.

Vediamo se riesco a fermare alcuni punti, non necessariamente in ordine di rilevanza.

Primo. Va da sé che la democrazia va accettata, così come i suoi esiti, a prescindere da quali essi siano. Tuttavia, credo sia giusto esprimere preoccupazione per l'elezione di Trump a Presidente. Non solo (e forse non tanto?) per ciò che potrebbe fare, o non fare. Ma per ciò che Trump rappresenta. L'idea che un popolo, con un forte senso per le istituzioni ed uno spiccato senso di appartenenza come quello statunitense, abbia deciso di regalare questo onore ad un uomo che ha evaso le tasse, offeso le donne, eluso le leggi, e ostenti tutto ciò con una malcelata soddisfazione, mi fa davvero paura.




Secondo. La mia impressione è che sia stato un voto non solo (e forse non tanto) di protesta: mi pareva che soprattutto emergesse dal popolo statunitense una profonda rassegnazione. Ho sentito spesso ripetere che si sarebbe votato per "il meno peggio". E allora non era necessario essere elettori di Bernie Sanders per esprimere un "voto depresso". Gli americani erano depressi tutti, non solo coloro che avevano creduto in una candidatura "liberal". Il cosiddetto "ceto medio", che è molto diverso dal nostro ceto medio, semplicemente non si aspettava niente nemmeno da Hillary, e non so se questo trova ragione nel mandato di Obama. Probabilmente in parte sì. Ma è anche probabile che questo sia dovuto alle scelte sbagliate del Partito Democratico (quello americano, eh!), e mi riferisco alla scelta della candidatura, ma anche alla campagna elettorale, ai toni e ai temi scelti. Ed infine alla questione più profonda, a cui più è difficile trovare una risposta: la sinistra, declinata nelle sue molteplici forme, è più in grado di dare risposte alle grandi masse?




Terzo.Il mandato di Obama (primo e secondo) quanto ha inciso positivamente sulla vita quotidiana degli americani?C'erano grandi attese,all'indomani della sua elezione,e per molto tempo è sembrato in grado di reggere il confronto con quelle promesse e premesse.
 La lotta senza quartiere alle lobbies -fra le più potenti al mondo-, la battaglia per i diritti civili, la incarnazione egli stesso del sogno americano sono stati gli assi portanti di questi otto anni.E credo che Obama abbia reso gli Stati Uniti un Paese migliore.Ma ad un certo punto si è come arenato.Non aveva più la spinta propulsiva degli inizi.
E in politica economica ha sbagliato molto:il ceto medio non ha maggiori sicurezze né una migliore condizione economica dopo questi otto anni.E credo che per rispondere a questo servisse un candidato diametralmente opposto a Hillary. Serviva un nuovo Obama,o comunque un candidato che sapesse scaldare i cuori e accendere le speranze come Obama stesso aveva fatto.
Per me,ci voleva Barnie Sanders. Ma le primarie,come la democrazia,vanno accettate. Però interroghiamoci:non è necessario aprire una riflessione sulle modalità di selezione della classe dirigente? E d'altronde tutti ricorderanno la fatica che ha fatto Obama per rassegnarsi alla candidatura Clinton. Forse non era un caso.
Mi sembra che questo sia l' epilogo che in molti temevamo e che -almeno io- rifiutavano perché semplicemente era (è) quasi logicamente impensabile "votare uno come Trump".




Quarto.Interessante notare l' ormai nulla capacità dei mercati di influenzare ed indirizzare il voto.È di tutta evidenza che i cittadini,come la Rossella O'Hara di "Via col vento" se ne infischiano, dell' eventuale volatilità dei mercati.Perché a quei mercati non partecipano affatto.Quando la finanziarizzazione dell' economia diventa la principale responsabile del malesssere di milioni di persone,i mercati non hanno alcun effetto deterrente sulle masse e sul loro voto.


Quinto.Secondo molti,è un voto anti-politico.Non lo so.Forse è un voto anti-sistema.Lo era anche quello per Obama.Solo che quello lo era, per me e coloro che come me ragionano,in senso politicamente corretto.Quello di ieri lo è in senso opposto.
Ma forse non è un voto anti-politico classicamente inteso.Forse gli americani hanno lanciato un messaggio molto politico.
Hanno detto che non volevano votare per il meno peggio.
Facciamone tesoro,di questo voto.

martedì 1 novembre 2016

Ciao, Tina - Perchè ancora oggi ha senso la tua eredità (almeno per me)













Tina Anselmi - La biografia

Tina Anselmi decise da che parte schierarsi quando, giovanissima, vide un gruppo di giovani partigiani portati al martirio dai fascisti che li impiccarono. 
Divenne così staffetta della brigata autonoma “Cesare Battisti” e del Comando regionale del Corpo volontari della libertà. 
Nel 1944 si iscrisse alla DC e - non si era ancora laureata in lettere all’Università Cattolica di Milano - partecipò attivamente alla vita del suo partito, non dimenticando mai le ragioni profonde della sua scelta antifascista. 

Tina Anselmi è stata via via dirigente sindacale dei tessili, incaricata dei giovani nella DC, vice presidente dell’Unione europea femminile. 
Parlamentare dalla V alla X legislatura eletta nella Circoscrizione Venezia-Treviso, ha fatto parte delle Commissioni Lavoro e previdenza sociale, Igiene e sanità, Affari sociali, occupandosi molto dei problemi della famiglia e della donna. 
Ha inoltre presieduto per due volte la Commissione parlamentare d’inchiesta sulla Loggia P2. 
Tina Anselmi è stata tre volte sottosegretaria al Ministero del Lavoro e della Previdenza sociale, una volta ministra del Lavoro, due volte ministra della Sanità. 
Si deve a lei la legge sulle “pari opportunità” ed è stata tra gli autori della riforma che introdusse il Servizio Sanitario Nazionale. 

Nel 2004 ha promosso la pubblicazione del libro intitolato Tra città di Dio e città dell’uomo. Donne cattoliche nella Resistenza veneta di cui ha scritto l’introduzione e un saggio.


Questa la biografia di Tina Anselmi, che potete trovare sul sito di ANPI.
Poi, oltre ai ruoli istituzionali ricoperti, e all'azione politica svolta nella Democrazia Cristiana, c'è un portato più importante: esiste il testamento morale che donne come Tina Anselmi lasciano in eredità al proprio Paese, ed imperituramente, alle generazioni a venire.
Quello che in inglese si dice "heritage", termine che mette insieme la dimensione individuale e quella collettiva.


Vi dico cosa lascia a me Tina Anselmi, da custodire come un tesoro immenso, come solo i principi costitutivi possono fare.

Innanzitutto, quel suo richiamo giovanile alla scelta, alla consapevolezza della necessità di "esserci". Quanto somiglia al j'accuse di Gramsci contro gli indifferenti, contro chi non fa una scelta di campo, assumendosene fino in fondo le conseguenze, comprese quelle più terribili. 
E la prima scelta di Tina fu quella di diventare Gabriella, staffetta partigiana che percorreva centinaia di chilometri, giovane e spesso sola, come lo è solitamente chi sceglie di "esserci", di non stare a guardare. E la scelta dell'antifascismo militante è una scelta che ha senso anche oggi, anche a così tanti decenni da quei giorni terribili in cui Gabriella consumava le ruote della sua bicicletta. 

E poi quel suo impegnarsi per le donne, e con le donne. 
Perchè Tina Anselmi ha sempre fatto questo: ha sempre lottato in prima persona. Stando assieme alle donne, trasmettendo loro consapevolezza. E stringendo alleanze forti con molte di loro. 
Come ha fatto da sindacalista, proprio per tutelare i diritti delle donne, massacrate da condizioni di lavoro oggi impensabili. Perchè il Sindacato - e se ne ricordi chi oggi lo denigra- è stato uno dei principali baluardi per la conquista di diritti che oggi forse pensiamo scontati.

E solo chi ha fatto politica, da donna assieme ad altre donne, sa quanto le alleanze femminili possono essere forti: sono reti invisibili che diventano spesso inscindibili, e che reggono ai marosi della vita, anche quando i fili di cui sono composte sembrano allungarsi quasi fino a rompersi.
Ma non accade. Purchè si tratti di donne intelligenti


E se penso a Tina Anselmi, quasi subito il pensiero corre a Nilde Iotti (lasciando stare le fotografie...). Perchè queste due grandi donne hanno rappresentato nelle loro differenze le migliori aspirazioni della cultura cattolica e comunista che hanno fatto grande la nostra storia e il nostro Paese.
Il sogno da cui è nata la nostra Costituzione, quella capacità che forse mai nella Seconda Repubblica abbiamo raggiunto, di lavorare davvero per il Bene Comune. 
Il rispetto dell'avversario politico che può avere soltanto, forse, chi ha sperimentato sulla propria pelle la ferita profonda che lascia l'assenza della democrazia.
Mi riconosco, invece, in questa volontà di andare oltre gli steccati, di tendere una mano verso chi non la pensa come me, purchè -ovviamente- esprima un pensiero politicamente argomentato. Perchè per carattere oltre che per cultura politica credo che solo se si tendono i rami verso l'alto, si rafforzano anche le proprie radici, e altrettanto, solo chi è consapevole delle proprie radici può distendere i rami verso il cielo, e verso l'albero vicino. 

Tina Anmsemi è anche l' impegno della prima donna Ministro, nominata da quel Giulio Andreotti che, per la cultura politica dalla quale provengo, ha rappresentato per intere generazioni, uno dei mali più oscuri del nostro Paese. 
E' stata la donna che ha lavorato per istituire il Servizio Sanitario Nazionale, per una cultura che non escludesse le donne, per la Scuola e per la Famiglia (e forse su quest'ultimo punto mi sento più lontana dal suo pensiero).

Fu una donna che lavorò davvero per creare nel nostro Paese il welfare di Stato. Quel welfare che ha rappresentato per lunghi anni uno dei principali portati del sistema italiano, e che in vari momenti della nostra storia ci siamo trovati a dover difendere, ed a volte a dover vedere arretrare.

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E fu la donna che si impegnò per la legalità, presiedendo la difficile Commissione Parlamentare di inchiesta sulla P2. Un lavoro che fu per lei massacrante, e non sgombro di ostacoli. Come lo è, in Italia -forse non solo al tempo della Prima Repubblica- il percorso di chi si occupa di legalità. 
Perchè la legalità, e la cultura della legalità sono terreno scivoloso, e troppe volte ritenute politiche residuali.


Ed infine, credo che Tina Anselmi abbia rappresentato al meglio, con le parole e con le opere, quel che i cattolici possono portare in politica: il rispetto degli altri, la lotta contro le disuguaglianze e per l'equità sociale, la tensione etica verso una continua elaborazione politico-culturale che facesse dell'impegno in politica onn un fine, ma uno strumento per migliorare l'individuo e la collettività.

Sono valori a cui mi sento (molto modestamente) di potermi ispirare, come donna di Sinistra, che vive il proprio essere cattolica come un fatto personale, ma dal quale trarre linfa vitale quando la strada si fa più impervia. 

Grazie Tina.
Ciao.