mercoledì 14 dicembre 2016

Premettendo...(Del Congresso Pd, prima del Congresso Pd)


http://www.vanninochiti.com/?p=17825


Non ho espresso analisi in questo stralcio di vita politica che ha seguito l'esito referendario.

Non l'ho fatto volutamente, perché credo ancora che siano le sedi ufficiali a dover accogliere le riflessioni dei dirigenti.

Tuttavia, alla vigilia -a quanto pare- dell' Assemblea che stabilirà l' avvio del percorso congressuale, alcune -per ora poche- cose, voglio dirle anch'io.

Non so che tipo di congresso andremo a svolgere.
Io penso che più e prima di un congresso veloce, serva un congresso vero.
Un momento di riflessione sincero, franco e profondo.
Che aiuti questo mio Partito a riscoprire più le ragioni dello stare insieme che quelle della divisione.

Un congresso che riparta dal referendum, per far tesoro del risultato, forte e chiaro, ma che non usi il referendum per tracciare un solco fra buoni e cattivi, amici e nemici, progressisti e conservatori.

Sarebbe bello riscoprire il gusto del discutere non solo sui nomi, ma anche sulle proposte, cosicché il nuovo (o confermato) Segretario sia davvero il Segretario che interpreta una posizione ampiamente condivisa.


Spero anche che la Sinistra si presenti unita a questo appuntamento, e che sia in grado di mettere da parte settarismi e personalismi.
Non lo dico perché la Sinistra è da sempre il campo nel quale mi riconosco (e io non sono mai settaria -anche se qualcuno, scherzando, me lo dice continuamente, quindi sono davvero interessata ad una discussione non pregiudizialmente chiusa).
Lo dico perché credo che una Sinistra forte dentro il Pd renderebbe più forte il Partito stesso, recuperando quella ferita (volevo scrivere vulnus, per impressionarvi, ma ferita rende di più) profonda che si è determinata fra il mio Partito e il suo (mio) Popolo.
Un Popolo eterogeneo,composto non più prevalentemente da operai o dipendenti pubblici e intellettuali, ma da giovani senza lavoro, partite iva, giovani (e meno giovani) precari...

Un Popolo che ha levato forte la sua voce. Un Popolo che nel 2014 aveva creduto in noi, e che da troppo tempo si è allontanato.

Non per populismo.
Ma per disperazione e solitudine.

E allora un campo ampio, unito, coeso, non contro Renzi, ma per le ragioni della Sinistra aiuterebbe lo stesso Segretario uscente ad alzare lo sguardo, a sfidare sui contenuti, a elaborare una proposta che tenga conto anche di quelle ragioni.

Per questo, da militante, da iscritta, da dirigente, chiedo una Sinistra unita, che non tema di fare la Sinistra senza essere "contro", ma "per".

Diversamente, nella diaspora della Sinistra, molti di noi, sceglieranno liberamente, ma forse con un po' di tristezza nel cuore e nella mente.

Per tutte queste ragioni, faccio mie le riflessioni del mio amico e Compagno Vannino Chiti -che trovate in link all' inizio di questo post- auspicando che chi è chiamato a decidere ascolti questa voce.
Che è anche la voce del loro (mio) Popolo.

martedì 6 dicembre 2016

Dell' elogio del fuori tempo (massimo)...





Questo è un post assolutamente fuori (dal) tempo, e fuori (da ogni) luogo.

Non è un post che si pone il problema di essere in linea con l'attualità, e non conterrà commenti coerenti con quanto sta accadendo fuori da questa bacheca.
Ma io sento il bisogno di recuperare il mio -forse il nostro- tempo.

Il tempo per riflettere, per respirare, per fermarsi mentre tutto e tutti sembrano correre come forsennati.
Questa idea malsana che si debbano fare quante più cose possibili nel minor tempo possibile, lasciando all' otium solo un ruolo ( e un tempo) residuale è un portato subculturale degli anni Ottanta che io stessa continuo ad applicare alla mia quotidianità, senza comprendere che è una delle cause del "logorio della vita moderna" (e il Cynar non mi piace neppure, anche perché Ernesto Calindri seduto tranquillamente a un tavolo in mezzo ad una via cittadina non potrebbe starci:verrebbe travolto dal traffico impaziente).

E quest' ansia da prestazione, per cui dobbiamo essere onnipresenti e millantare conoscenze-amicizie -contatti, ci sta pian piano conducendo a un volontario eppure inconsapevole analfabetismo funzionale, per cui alla fine si ottimizza la risorsa più importante che abbiamo: il nostro pensiero e il nostro sapere.
Come facevo alle medie, quando producevo il riassunto, del riassunto, del riassunto. Un Bignami al quadrato, che alla fine non mi serviva a niente.

Allora, riprendiamoci il nostro tempo!

Io non ricordo, per esempio, da quanto tempo non mi capita di viaggiare da turista per Pistoia.
Da quanto non mi capita di ascoltare le voci della mia città, perdermi nel ricordo della Pistoia che fu, chiedendomi quali interconnessioni materiali ed immateriali l'abbiano portata ad essere ciò che è oggi.

Eppure, le nostre città non sono forse parte di noi stessi?
Non rappresentano un po' quella memoria collettiva junghiana che ci forgia in parte prima che noi stessi esistiamo?

Sono tutte domande che mi sono sorte ieri sera, durante una conversazione molto interessante con alcuni amici.
E mi è venuta voglia di riappropriarmi  del racconto della mia città, di riannodare i capi di una corda spezzata nel momento stesso in cui ho deciso cve contava più la quantità che la qualità.

Mi sto convincendo che il tempo della riflessione deve tornare al centro della mia vita.
Affannarsi non serve più.
L'unica vera rivoluzione-come dicono i buddisti- è la rivoluzione individuale.
Una rivoluzione dolce e faticosa, ma che in questo tempo di approssimazione e di (false) certezze, che spesso si trasformano in dogmi incrollabili, è l'unica vera rivoluzione possibile e soprattutto duratura.

Non ho scritto praticamente niente sul referendum, né prima, né dopo.
Non è capitato a caso; l'ho fatto volutamente, perché ho trovato che il rumore di fondo fosse già sufficientemente alto. Ho spiegato a chi mi ha interpellato su cosa votare quello che era il mio punto di vista, assumendo il ruolo e la responsabilità che la militanza politica mi conferisce, ma senza clamori.
Ho le mie idee rispetto agli scenari che si aprono ora per il mio Partito e -soprattutto- per il Paese, ma non ingaggerò nessuna discussione.
Perché penso che il momento sia per tutti noi molto serio e complesso, e richieda più cautela e atteggiamento inclusivo, che settarismo e appartenenza.
Magari identità, questo sì, che è l'esatto contrario dell'appartenenza: chi sa cosa è, non ha bisogno di chiudersi in un recinto per definirsi, ma cammina verso l'altro con le braccia aperte.



venerdì 2 dicembre 2016

(La mia) Pistoia... (La mia) Capitale della Cultura




Avviso per chi legge.

Questo post è quanto di più soggettivo ed irrazionale abbia mai scritto sul blog.
Non sarà un post colmo di dati, né di argomenti a sostegno di una tesi.
Sarà un testo emozionale, che dedico a me stessa, al mio babbo -pistoiese dalla punta dei capelli alle dita dei piedi- alla mia mamma e a mio marito, che hanno scelto Pistoia pur non essendovi nati.
E a tutti i miei concittadini, nati o cresciuti conoscendo gli angoli di questa città piccola e grande al tempo stesso, chiusa eppure in grado di dare i natali a grandi artisti, o di rappresentare la loro "degna tana".

Bene.
Se ancora non ve ne siete andati, possiamo continuare assieme.

Domani, 3 dicembre, la Capitale della Cultura si presenta ai pistoiesi. Che, protestando contro la loro Città -e dicendone quanto di peggio si possa dire- saranno numerosissimi in Sala Maggiore, a celebrare l'inizio di un anno meraviglioso.

L'anno della nostra Pistoia.

La "mia" Capitale della Cultura l'ho ascoltata ieri in anteprima, durante la Commissione Cultura riunita a Palazzo di Giano (non era un privilegio, eh: le commissioni sono pubbliche..).

Il racconto del Sindaco si è dipanato all'ombra delle mura -che saranno valorizzate e risistemate in molti tratti- vagando attraverso l'area del Ceppo, rigenerata praticamente a costo zero, fra finanziamenti europei e contributi regionali, ha salito le scale dell'Urban Center, che rappresenterà il limite su cui si fondono passato e futuro (fra Michelucci e spazi per il coworking).

Poi abbiamo viaggiato idealmente attraverso gli spazi fisici del museo diffuso, e osservato con gli occhi della mente il cono di luce che attraverserà la città da Palazzo Fabroni fino a Villa di Celle, in un luminoso omaggio a Chiara D'Afflitto.

Ci siamo poi aggirati fra i libri pregiati della Biblioteca Forteguerriana, e da lì affacciati agli eventi che saranno ospitati alla Biblioteca San Giorgio -oltre mille.
Potevamo non fare un salto a teatro?
Certo che no, ed infatti il Teatro Manzoni e l'Atp ci hanno offerto un bello spettacolo, che tuttavia, con la Compagnia degli Omíni non si svolgeva sul palco, ma su un treno della Transappenninica.

Già, perché anche la Porrettana è parte fondamentale di questa nostra Capitale: una parte della sua storia che non vogliamo consegnare alla storia. Ed infatti un protocollo fresco di firma unisce Toscana ed Emilia Romagna attraverso il crinale appenninico.

E poi il Novecento, con la sua scuola pittorica in cui Pistoia ha rappresentato un importante segmento di rilievo nazionale e non solo.
E l'identità medievale, che oltre a lasciarci mura solide e protettive (come i pistoiesi) ci ha tramandato un grande orgoglio e la capacità di resistere, soli contro tutti.


La Capitale della Cultura, la mia, è questa.
Da Remo Cerini a Niccolò Forteguerri.

La semplicità e la grandezza.
Le mura chiuse e la Piazza aperta, apertissima, in grado di mettere assieme Tribunale, Comune e Cattedrale.

Il Centro e la Periferia.
Che ogni giorno si odiano, ma ogni giorno si difendono a vicenda:solo un pistoiese può criticare Pistoia.

Domani, in Sala Maggiore, ascolteremo tutto questo.

Domani, ognuno avrà la "sua" Capitale della Cultura.

Domani, inizierà un nuovo tempo per la Città.

E sarà scandito dal suo orologio più antico:quello del Campanile.