domenica 15 gennaio 2017
De "L'unità" che chiude, di Dandini, Guzzanti e dell' essere di Sinistra
Ci sono simboli che pesano nella vita di ognuno di noi.
Nella mia, come in quella di tanti Compagni (uso questa parola in senso ampio), "L'unità" è uno di questi simboli, così come lo è un modo di fare televisione che imperava fra la fine degli anni '90 e l'inizio del nuovo millennio.
Questi simboli, che erano non solo strumenti di comunicazione, ma veri e propri modi d'essere, si sono stranamente intrecciati, per uno di quei casi che il destino costruisce, proprio in questi giorni (stasera, grazie a Gigi Proietti ho finalmente rivisto insieme Serena Dandini e Corrado Guzzanti)
L' Unità, glorioso giornale fondato da Gramsci, e per lunghi decenni organo ufficiale del Partito, nelle sue varie declinazioni (per me dal PCI al PD, il Partito è declinato al singolare e con l'iniziale maiuscola -ogni tanto, lo confesso mi manca il cuore di mettere questa lettera maiuscola) annuncia licenziamenti di massa, unilateralmente decisi.
Credo che ogni volta che un giornale annuncia il proprio fallimento, qualunque sia la linea editoriale, sia una sconfitta. In questo caso, per me, vale doppio.
Io a "L'unità" ho voluto bene davvero.
L'ho letta con orgoglio, l'ho anche venduta, quando il Pds cercava la propria anima rispolverando i totem del passato glorioso
La portavamo alle manifestazioni, e la leggevamo in treno, quando da Pistoia andavamo a Roma. Insieme alle bandiere c'era lei.
Certo, Repubblica, Il Manifesto... Ma quando un compagno chiedeva il giornale, gli porgevi L'unità.
Perché chi vive "a sinistra" è anche tendenzialmente un romantico, pervicacemente legato ai propri simboli.
Quell' Unità è morta da tempo.
E, prima che qualcuno pensi che questa sia un'accusa all'attuale dirigenza del PD, aggiungo che era già morta prima dell' ultimo congresso.
Perché aveva già perso questo tratto identitario.
Certo, i cortigiani di questi ultimi anni, con l'apoteosi di Rondolino e Staino (ormai, quest' ultimo, lontano anni luce dall' artista dissacrante e irriverente che faceva tremare i potenti) hanno a mio avviso contribuito a indebolire un giornale già ben distante da ciò che esso stesso era stato.
E le baruffe che stanno accompagnando la probabile chiusura del giornale sono tristi quanto l'idea di un giornale che fallisce, con i conseguenti licenziamenti di tanti professionisti.
Le accuse al Segretario di aver deluso (come se si trattasse di un affaire amoroso, e non già di una vicenda politica e occupazionale) dicono tanto della differenza fra questo tipo di direzione del giornale e quella, che so, di D'Alema o Veltroni. Due esponenti politici decisamente agli antipodi, e che tuttavia faticheremmo a vedere lanciare accuse simili, e con questi toni.
La Sinistra è dignità, è capacità e bisogno di immaginare modelli nuovi di società, è parlare di "noi" e mai di "io".
Questa non è L'unità che si porta alle manifestazioni. Questa è "L'unità" "duepuntozero", che non scalda i cuori, e che quindi i Compagni non comprano più, perché non ci si riconoscono.
E -ahimè- a sinistra c'è sempre stato quel maledetto bisogno di essere convinti, di sentirsi parte di qualcosa di più grande, per mettersi in gioco.
Per esempio, c'era bisogno di sapere che Corrado Guzzanti ci avrebbe detto che la risposta era dentro di noi, ma era sbagliata!
E mentre L'Ulivo compiva la sua parabola, Berlusconi impazzava, e tutto era impegno e partecipazione, era bello ritrovarsi in quell'ironia graffiante de "L' Ottavo Nano", con le imitazioni di Neri Marcorè, l'improbabile Vulvia che ci parlava di "'mbuti", e una galleria di personaggi nella quale si colpiva a destra come a sinistra (qualcuno ricorderà la Guzzanti con D'Alema finto comunista).
Forse era solo una bella stagione della mia vita, ero giovane e sembrava che Prodi fosse in grado di tenere insieme modernità ed identità, di condurci oltre noi stessi.
C'era l'orgoglio di poter rappresentare un cambiamento nato dal basso e cresciuto però dentro ai Partiti, da questi -forse per la prima volta- compreso ed incoraggiato.
Era un momento strano.
Da lì a poco sarebbero arrivate delusioni cocenti.
Ma in quegli anni avevamo ancora L'unità, e la grandiosa manifestazione al Circo Massimo avveniva ancora sotto quella stella.
Sarebbe bello, anche se sono passati quasi venti anni, ritrovare quella stella.
Ritrovare un' identità sufficiente a spazzar via i cortigiani e le piccinerie.
I servilismi d'accatto e i piccoli cabotaggi.
Ritrovare il sorriso, salvare L'unità non solo perché è un giornale, ma IL giornale che passi al Compagno se te lo chiede.
Mentre andate insieme ad una manifestazione a tutela dei diritti dei lavoratori, e non c'è timore a prendere in giro anche il Segretario.
Perché quello che tiene insieme tu ed il tuo Segretario non è l'interesse, né il servilismo.
Ma la convinzione che insieme vale più che da soli.
E che essere di Sinistra significa lottare per i diritti, non per toglierli.
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