domenica 5 marzo 2017

Del perchè ancora Pd, e del perchè con Andrea Orlando





Ho riflettuto a lungo se fosse il caso di scrivere qualcosa di articolato sul congresso.
Per la prima volta da quando ho aperto questo blog, c' erano sullo schermo quattro diverse bozze di post che avevo iniziato e mai concluso.
Perchè?
Perchè non sono giorni facili, e per chi vive la politica come una passione forte, ma essenziale e non ama indulgere nella retorica, è difficile fermare cuore e cervello e farlo in maniera costruttiva.

Oggi, ho deciso che sì, era giunto il momento di fissare qualche concetto.

E allora, eccomi qua.
Sarà un post lungo, e molto autobiografico, quindi se vi piacciono i tweet e le conte, eccovi serviti: resto nel Pd, e voterò Andrea Orlando, impegnandomi per lui in questo congresso.

Serviti gli impazienti, e i centometristi, si prosegue per i maratoneti.

Le radici di queste scelte iniziano da lontano.
Iniziano, come per tanti, in quel congresso del 2007, a Firenze.
Quando una storia si chiudeva ed un'altra se ne apriva.

Io ai Democratici di Sinistra ho voluto un bene dell' anima.
Quello non è stato il mio primo Partito (ho vissuto un anno nel Pds), ma sono stati il Partito nel quale sono cresciuta, e nel quale ho vissuto le prime vittorie e le prime sconfitte.
Tutte collettive, anche quando la candidata ero io.
Sempre, sempre insieme, con i Compagni e le Compagne di una vita.
I più grandi, che mai ci saremmo sognati di rottamare, di chiamare sciacalli -anche quando un po' lo erano- ma verso cui nella battaglia politica c' era anzi un grande rispetto.

Nel 2007 scegliemmo, in molti con una gran pena nel cuore.
E quando si sceglie con la pena nel cuore, è perchè si lascia qualcosa di molto importante e si vuole costruire qualcosa di ancora più importante.
Già all'epoca c' erano i prodromi di quanto sta avvenendo oggi.
Ho visto Compagni ed Amici di tutte le età scegliere con un po' troppa leggerezza, all' epoca.
Una leggerezza sospetta, che poi ho visto spiegarsi e disvelarsi le proprie ragioni.

Gli anni sono passati, le delusioni, individuali (alcune cocenti) e collettive non sono mancate, così come non è mancata qualche soddisfazione (sempre meno, inutile nascondermelo e nascondervelo).
E quando parlo di delusioni, non parlo di sconfitte congressuali, alle primarie o alle elezioni.
No, parlo di posizionamenti e riposizionamenti sempre volti a tutelare se stessi più che la collettività, e di una comunità che si è andata via via sfaldando.
Con un dibattito sempre più sottile.

Il Partito liquido, insomma.
Quello teorizzato da Veltroni, e concretizzato negli ultimi anni (sì, sotto la segreteria di Renzi, ma siccome per me la politica non è mai un fatto individuale, non lo è nemmeno la responsabilità, seppure è il momento di farla finita di dire che "tutti i gatti sono bigi": non è così e qualcuno, come recita il titolo di un libro di Da Milano, "ha sbagliato più forte").

Questo non è il "mio" Partito, e lo sgomento nel vedere Compagni e Compagne, ma anche Amici ed Amiche che se ne vanno è forte, fortissimo, mentre da questa parte a fianco a me, c'è chi "è un peccato",ma rapidamente "se ne farà una ragione".
E però a fianco di questo sgomento c'è stato un sentimento, che poi è diventato ragionamento politico, che si è rafforzato in me.
Qui, a Pistoia, su questo territorio, fra i miei Compagni, i nostri segretari di Circolo, era davvero scaduto il tempo?
Davvero avrei lasciato a qualcuno la soddisfazione di allargare le braccia e dire "ce ne faremo una ragione"?
Davvero le lacrime c versate nel 2007, quando ero già più che adulta, erano lacrime sprecate?
Davvero avevo lasciato una grande storia, per vederne morire un' altra?
No.
La risposta è stata un sonoro: NO!

No, per i nostri Circoli,
No, per il mio territorio.
No, per una coalizione che in questi cinque anni ha avuto IN QUESTO Partito Democratico un punto di riferimento forte, fortissimo.
No, perchè il Partito Democratico ha anche il nostro volto. Il volto delle tante persone che sui territori in questi anni hanno lavorato duro.

Intendiamoci subito.
Chiunque dirà che chi se n' è andato, l'ha fatto "per la data del congresso, perchè non sopporta Renzi o perchè vuole le poltrone" troverà sempre in me una feroce oppositrice.
Molti di quei Compagni li conosco, e le loro lacrime non meritano solo rispetto, ma il silenzio che chi vive di social e tweet probabilmente non sarà mai in grado di avere o di dare a qualcun altro.
Ci sono ragioni profonde, politiche, personali e di cultura politica. Motivazioni nate e cresciute negli anni, spesso nel travaglio personale e collettivo.
I cori "fuori, fuori" li abbiamo sentiti tutti.
Gli epiteti, che hanno percorso tutte le categorie zoologiche, le abbiamo sentiti con altrettanta chiarezza.
Quindi, farebbe meglio a tacere chi ha ordito quella trama.

In me, però, si fa strada ancora un' idea, che è quella di provare a continuare a lavorare, perchè mi pare che il mio, e il tempo di quanti credono nel Pd per come è nato non sia ancora scaduto.
Vedo e sento tanti compagni che quattro anni fa fecero una scelta diversa dalla mia, interrogarsi profondamente.
Li osservo, e li ascolto mentre si compie una parabola, con un' accelerazione fortissima dal 4 dicembre in poi.
Li sento, mentre lamentano l' assenza di una vera analisi sulla sconfitta al referendum, e prima ancora sulle sconfitte alle ultime tornate amministrative.
Sconfitte via via sempre più forti, sempre più deflagranti.
Guardo queste persone, che quattro anni fa si sono affidate (errore gravissimo, in politica) al sogno del condottiero solitario, e della rottamazione e che ora, con onestà, si chiedono se davvero era questo il risultato a cui guardare.

Mi sembra che il mito dell' uomo solo al comando stia disvelando e rivelando tutta la sua essenza fallace.

E allora, ho messo insieme i pezzi, come in un puzzle che va via via ricomponendosi, e mi sono chiesta se non fosse possibile provare a giocare una nuova partita, per dare una risposta agli uni e agli altri.
E mi sono risposta di sì.

Da lì, da quel momento è stato tutto più semplice.
C' era una sola candidatura che aveva, ed ha, queste caratteristiche: quella di Andrea Orlando.
Sì, lo so.
So benissimo che negli anni trascorsi fra i banchi del Governo, non una sola volta la sua voce si è levata mentre si assumevano decisioni per molti di noi insostenibili.
E tuttavia, Andrea Orlando non ha compiuto la scelta più facile per i suoi destini personali come invece altri componenti della sua corrente hanno fatto.

E invece no.
Ha scelto di impegnarsi, per tentare di tenere insieme questa comunità così sfilacciata.
Avrebbe potuto far sentir prima la sua voce? Sì, inutile nasconderlo.
Ma l' ha fatta sentire nel momento più difficile e più importante, dando così una casa ai tanti che oggi sono spaesati. A partire da tanti Giovani Democratici, che numerosi saranno con noi in questa battaglia.

Sarà l' ultima?
Non lo so.
Di sicuro è la più importante.

Per provare a trasformare quelle lacrime di dieci anni fa in un sorriso.
Un sorriso incerto, tirato con qualche ruga in più.
Ma comunque un sorriso.

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