martedì 11 settembre 2018
11 settembre 1973. Muore il Sogno di Salvador Allende. Perché i giovani sappiano
L' 11 settembre ricorda a molti l' attentato alle Torri Gemelle.
È stata una data che ha cambiato l' occidente e il mondo intero, che ha sconvolto la vita di migliaia e migliaia di persone, e svelato una verità fino ad allora inconfessabile: gli Stati Uniti non erano più l' intoccabile "gendarme del mondo".
Erano fragili.
Come tutto il resto del mondo.
Chi ha visitato Ground Zero, quell'oasi di silenzio nel cuore del feroce frastuono di New York, e ha visto la voragine in cui si getta l' acqua, dopo aver accarezzato i nomi, le migliaia di nomi incisi sul marmo, non lo dimenticherà mai.
L' 11 settembre, però, per una strana cabala della storia, è anche la data del colpo di stato nazionalista in Cile, che costò la vita a Salvador Allende.
Una data, l' 11 settembre 1973, che non tutti ricordano -probabilmente non la ricordano i più giovani.
Per loro -ce ne sono molti fra le persone che frequentano abitualmente questo luogo virtuale- vorrei ricordare, per lo spazio che mi consente questo blog, proprio la figura di Salvador Allende, che quel maledetto 11 settembre 1973 ci ha portato via.
Nato nel 1908, fu fra i fondatori del Partito Socialista Cileno nel 1933.
Dopo aver ricoperto vari incarichi, fra cui quello di Deputato, Ministro della Sanità, Senatore e Presidente del Senato, divenne Presidente del suo Paese nel 1970, con una coalizione, "Unidad Popolar", che riuniva Socialisti, Radicali ed altre forze di Sinistra.
Il programma su cui Allende fu eletto era di stampo marcatamente socialista: nazionalizzazione delle banche, riforma agraria, aumento dei salari, espropriazione del capitale straniero (principalmente statunitense) che controllava le miniere di rame, fondamentale risorsa del Paese.
Questi erano i capisaldi della sua presidenza, ferocemente ostacolata dagli Stati Uniti, che addirittura fecero pressioni su una parte del Congresso affinché l' elezione di Allende non venisse ratificata.
Fu principalmente l' attacco al capitale USA a scatenare la violenta reazione americana, e tramite le interferenze statunitensi sull'economia cilena, una crisi sociale ed economica pesantissima, su cui si innestò nel biennio 1972-73, l' azione della destra interna, decisa a riportare "ordine" nel Paese, non disdegnando per far ciò di usare la forza.
Pinochet divenne nell'agosto del 1973 capo di stato maggiore.
Da lì, un vero e proprio "piano inclinato", che vide la destra orchestrare una campagna volta a rafforzare il clima di scontro sociale, cui Unidad Popular di Allende rispose con manifestazioni di piazza.
L'epilogo, avvenne proprio l'11 settembre. L'esercito dichiarò illegittimo il governo e destituì il Presidente, assediando e poi conquistando con le armi il "Palacio de La Moneda".
Fu nel corso di quella stessa giornata che Allende trovò la morte, dopo aver rifiutato di usufruire del salvacondotto militare.
Con la fine del governo di Allende, iniziò la tremenda dittatura di Pinochet.
Queste poche righe non rendono affatto giustizia a Salvador Allende, né all'uomo, né al politico. Sono solo poche notizie, che spero stimoleranno qualcuno a leggere, la sua storia e le sue parole.
Con la morte di Allende tramontava un sogno.
Finiva l'Utopia che aveva portato un marxista al potere, con la promessa di liberare un popolo, il suo popolo, dall'oppressione del Capitale straniero, e di restituire dignità ai più poveri.
Salvador Allende era un simbolo, per un'intera generazione.
Per quello che aveva fatto, per quello che rappresentava, e per la sua specchiata moralità, esempio di rigore politico ed umano.
Salvador Allende sarebbe piaciuto anche ai giovani di oggi, che incontro ogni giorno.
Più di queste mie poche e superficiali parole, potrà lui rappresentare se stesso.
Lascio quindi a lui la parola, con il suo ultimo discorso:
"Sicuramente questa sarà l’ultima opportunità in cui posso rivolgermi a voi. La Forza Aerea ha bombardato le antenne di Radio Magallanes. Le mie parole non contengono amarezza bensì disinganno. Che siano esse un castigo morale per coloro che hanno tradito il giuramento: soldati del Cile, comandanti in capo titolari, l’ammiraglio Merino, che si è autodesignato comandante dell’Armata, oltre al signor Mendoza, vile generale che solo ieri manifestava fedeltà e lealtà al Governo, e che si è anche autonominato Direttore Generale dei carabinieri. Di fronte a questi fatti non mi resta che dire ai lavoratori: Non rinuncerò!
Trovandomi in questa tappa della storia, pagherò con la vita la lealtà al popolo. E vi dico con certezza che il seme affidato alla coscienza degna di migliaia di Cileni, non potrà essere estirpato completamente. Hanno la forza, potranno sottometterci, ma i processi sociali non si fermano né con il crimine né con la forza. La storia è nostra e la fanno i popoli.
Lavoratori della mia Patria: voglio ringraziarvi per la lealtà che avete sempre avuto, per la fiducia che avete sempre riservato ad un uomo che fu solo interprete di un grande desiderio di giustizia, che giurò di rispettare la Costituzione e la Legge, e cosi fece. In questo momento conclusivo, l’ultimo in cui posso rivolgermi a voi, voglio che traiate insegnamento dalla lezione: il capitale straniero, l’imperialismo, uniti alla reazione, crearono il clima affinché le Forze Armate rompessero la tradizione, quella che gli insegnò il generale Schneider e riaffermò il comandante Ayala, vittime dello stesso settore sociale che oggi starà aspettando, con aiuto straniero, di riconquistare il potere per continuare a difendere i loro profitti e i loro privilegi.
Mi rivolgo a voi, soprattutto alla modesta donna della nostra terra, alla contadina che credette in noi, alla madre che seppe della nostra preoccupazione per i bambini. Mi rivolgo ai professionisti della Patria, ai professionisti patrioti che continuarono a lavorare contro la sedizione auspicata dalle associazioni di professionisti, dalle associazioni classiste che difesero anche i vantaggi di una società capitalista.
Mi rivolgo alla gioventù, a quelli che cantarono e si abbandonarono all’allegria e allo spirito di lotta. Mi rivolgo all’uomo del Cile, all’operaio, al contadino, all’intellettuale, a quelli che saranno perseguitati, perché nel nostro paese il fascismo ha fatto la sua comparsa già da qualche tempo; negli attentati terroristi, facendo saltare i ponti, tagliando le linee ferroviarie, distruggendo gli oleodotti e i gasdotti, nel silenzio di coloro che avevano l’obbligo di procedere.
Erano d’accordo. La storia li giudicherà.
Sicuramente Radio Magallanes sarà zittita e il metallo tranquillo della mia voce non vi giungerà più. Non importa. Continuerete a sentirla. Starò sempre insieme a voi. Perlomeno il mio ricordo sarà quello di un uomo degno che fu leale con la Patria.
Il popolo deve difendersi ma non sacrificarsi. Il popolo non deve farsi annientare né crivellare, ma non può nemmeno umiliarsi.
Lavoratori della mia Patria, ho fede nel Cile e nel suo destino. Altri uomini supereranno questo momento grigio e amaro in cui il tradimento pretende di imporsi. Sappiate che, più prima che poi, si apriranno di nuovo i grandi viali per i quali passerà l’uomo libero, per costruire una società migliore.
Viva il Cile! Viva il popolo! Viva i lavoratori!
Queste sono le mie ultime parole e sono certo che il mio sacrificio non sarà invano, sono certo che, almeno, sarà una lezione morale che castigherà la fellonia, la codardia e il tradimento."
(Santiago del Cile, 11 Settembre 1973).
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