martedì 27 novembre 2018

Se il cielo stellato è grande, ma la legge morale lo è di più...




Due cose riempiono l’animo di ammirazione e venerazione sempre nuova e crescente, quanto piú spesso e piú a lungo la riflessione si occupa di esse: il cielo stellato sopra di me, e la legge morale in me. Queste due cose io non ho bisogno di cercarle e semplicemente supporle come se fossero avvolte nell’oscurità, o fossero nel trascendente fuori del mio orizzonte; io le vedo davanti a me e le connetto immediatamente con la coscienza della mia esistenza. La prima comincia dal posto che io occupo nel mondo sensibile esterno, ed estende la connessione in cui mi trovo a una grandezza interminabile, con mondi e mondi, e sistemi di sistemi; e poi ancora ai tempi illimitati del loro movimento periodico, del loro principio e della loro durata. La seconda comincia dal mio io indivisibile, dalla mia personalità, e mi rappresenta in un mondo che ha la vera infinitezza, ma che solo l’intelletto può penetrare, e con cui (ma perciò anche in pari tempo con tutti quei mondi visibili) io mi riconosco in una connessione non, come là, semplicemente accidentale, ma universale e necessaria. Il primo spettacolo di una quantità innumerevole di mondi annulla affatto la mia importanza di creatura animale che deve restituire al pianeta (un semplice punto nell’Universo) la materia della quale si formò, dopo essere stata provvista per breve tempo (e non si sa come) della forza vitale. Il secondo, invece, eleva infinitamente il mio valore, come [valore] di una intelligenza, mediante la mia personalità in cui la legge morale mi manifesta una vita indipendente dall’animalità e anche dall’intero mondo sensibile, almeno per quanto si può riferire dalla determinazione conforme ai fini della mia esistenza mediante questa legge: la quale determinazione non è ristretta alle condizioni e ai limiti di questa vita, ma si estende all’infinito.
(I. Kant, Critica della ragion pratica)



Questo spazio privato, che molte persone mi fanno l'onore di leggere regolarmente, ospita pensieri che intrecciano la dimensione individuale e quella collettiva, come capita a chi -per ventura e per inclinazione- difficilmente scinde la prima dalla seconda.

E questi ultimi anni sono spesso, sempre più spesso, occasione per riflettere. 
Tanto, ed intensamente.

E' una riflessione che a volte fa male, che sempre interroga, profondamente, e che, sempre più, comporta la messa in discussione di interi pezzi di vita, affinché questi non confliggano, irrimediabilmente, con i principi sulla cui base siamo stati  formati ed a cui ci siamo volutamente, conformati.
E', a livello personale, quello che Zagebrelsky ha efficacemente descritto, in un suo recente intervento, come il rapporto fra la Costituzione formale e il sistema di valori sostanziale su cui essa si innesta.

Io sono davvero molto stanca.
Perché mi trovo a ripetere le stesse cose da anni.
Perché chi dovrebbe avere orecchie attente per ascoltare, sceglie di turarsele.
E continua a suonare, come sul Titanic.
E mette in pratica atteggiamenti e scelte profondamente divergenti dalle parole che dovrebbe pronunciare, o che addirittura pronuncia.


Non mi sono mai aspettata niente dalla destra, non posso aspettarmi niente da chi ha sempre, orgogliosamente, affermato di non essere né di destra, né di sinistra, o che destra e sinistra addirittura non esistono.


Ma sì, pretend(ev)o maggiore maturità da chi ha costruito la propria strada -o pezzi di essa- in un alveo ben preciso, ottenendo la fiducia di tanti e tanti Compagni ed Amici. 
Compagni ed Amici che hanno passato la propria vita credendo in un'idea, in un progetto, in una comunità.

Idea, progetto, comunità che stanno declinando pericolosamente verso il nulla (il gerundio è un eccesso di ottimismo gramsciano) sul piano elettorale, politico e culturale.


Sono tutti uguali?
No, non l'ho mai pensato e non lo penso ora.
Nemmeno i peggiori atteggiamenti -alcuni dei quali ho avuto modo di conoscere molto, molto da vicino- mi vedranno imbarbarita al punto da pronunciare frasi simili.

E' evidente che ci sono persone che hanno condotto con onore e dignità (cit.) la propria vita pubblica, e che oltre a ciò hanno vissuto tale vita restando coerenti con la cultura politica da cui provengono.

E sì, sto parlando -per esempio ma non solo- di Nicola Zingaretti.

Tuttavia, questo non basta.

Serve di più, a sinistra.
La politica va rifondata.
Dall'interno ed in profondità.

Le relazioni all'interno del sistema politico, all'interno dei territori, all'interno della classe politica tutta vanno riorientate.

Vanno riorientate al rispetto.

Al rispetto reciproco, delle regole, della coerenza fra ciò che si dice e ciò che si fa, ed ancor prima fra ciò che si pensa e ciò che si dice.

Non lo so che forma avrà, questo "nuovo Rinascimento" (lasciatemi usare questa formula apodittica e molto presuntuosa, che mi gratifica in una giornata in cui ho dovuto rimettere in discussione molto -ed altre simili mi attenderanno).
Sinceramente, le formule organizzative -che pure in politica non sono mai neutre, né tantomeno irrilevanti- vengono davvero per me, in questo momento non solo un secondo, ma anche un'ora dopo.

Chi mi conosce, chi mi frequenta, chi legge questo blog, chi ha avuto modo di parlare con me, sa da quanto io sia, silenziosamente, in movimento.

Sono piccoli passi per l'uomo, ma grandi passi per la #ChiaraInnocenti (cit.).


Di sicuro, il mio punto di allunaggio non sarà lontano dai principi a cui sono stata educata ed a cui mi è stato naturale conformarmi.
E di sicuro, non sarà lontano dal territorio. Anzi, sarà molto, molto vicino ad esso.

Perché di grandi petizioni di principio costruite sui massimi sistemi, che poi cadono quando vengono declinati sulla carne viva delle persone, ne ho piene le tasche. 
Ed è un peso che vale mille volte di più dei sassi che Jovanotti porta con sé mentre aspetta la sua Francesca "davanti alla scuola".

E perché quel cielo stellato sopra di me è grande.
Ma quella legge morale in me-per quanto io ora od in futuro sia fragile- continuerà ad essere sempre più grande.

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