http://www.ansa.it/sito/videogallery/economia/2016/05/26/male-fatturato-industria-primo-calo-auto-dal-2013_b32e1b86-78a4-4ccc-80c5-efa9ca74f329.html
Questa settimana,mi hanno particolarmente colpito i dati ISTAT relativi al calo del fatturato dell'industria nei primi tre mesi del 2015, e alcune delle sollecitazioni giunte da Boccia, il Presidente di Confindustria.
Due premesse.
La prima: io non sono un'economista, quindi mi limito ad esprimere, su questo spazio, alcune opinioni cui voglio fornire una base statistica.
La seconda: questo non è un post contro gli industriali. Credo anzi che le realtà produttive italiane siano una gran bella realtà, quando si forniscono loro gli strumenti adeguati per crescere. Non so però se le idee di Confindustria -e del suo Presidente in particolare- siano davvero patrimonio condiviso.
I dati, che potete consultare al link che ho inserito sopra, sono i seguenti (qui un estratto di quelli che a mio avviso sono i più rilevanti).
I dati rispetto allo stesso mese dell'anno precedente:
Il calo complessivo del fatturato, destagionalizzato, è del 3,6%, ed è il peggiore dal 2013.
Il calo delle attività estrattive e della fabbricazione dei prodotti petroliferi si aggira intorno al 39%. Su questo dato, il mio pensiero è corso immediatamente al referendum sulle trivelle: non aveva forse ragione chi diceva che converrebbe investire sul mercato dell'energia verde, date le caratteristiche evidentemente non strategiche dell'estrazione e della trasformazione?
Il calo del tessile e dell'abbigliamento si aggira intorno al 10%, mentre quello della metallurgia intorno al 9%. Su questo secondo, influisce fortemente lo stallo della vicenda Ilva, mentre il primo mi preoccupa tanto, a livello locale, perchè il tessile è nella mia realtà un settore strategico, ed entrambi, perchè rappresenta un segmento fondamentale del Made in Italy.
Il mercato dell'auto registra, per la prima volta dal 2013, un calo del 6,5% -nonostante le decantate strategie salvifiche di Marchionne.
I dati su base congiunturale ci dicono invece che cala la domanda interna, e i beni strumentali, intermedi e di consumo.
A fronte di ciò, la crescita delle retribuzioni non è mai stata così bassa dal 1982.
Questi dati, che non devono far allarmare -gli allarmismi non fanno mai bene- tuttavia credo debbano far riflettere.
E' evidente che il nostro problema continua, in modo endemico, ad essere la domanda interna. Banalmente, se non si aumenta il potere di acquisto delle retribuzioni, se non si mettono le famiglie in condizione di acquistare, ogni sforzo anche in buona fede di semplificazione del mercato del lavoro, non produrrà risultati, e certo non risultati strutturali -che invece è esattamente ciò di cui avremmo bisogno.
Ora, di fronte ad un Paese che non cresce, che resta poco competitivo in termini di infrastrutture materiali ed immateriali per attrarre risorse, magari anche dall'estero, di fronte ad un Paese in cui continua a calare l'acquisto dei beni strumentali ed intermedi (il che indica un sistema poco vivace) e, ancora, dei beni di consumo, seppure più lieve, ho letto con una certa meraviglia la posizione del presidente di Confindustria.
Boccia, infatti, dopo aver affermato che è necessario ridurre le tasse sul lavoro, (verità sacrosanta, al punto che personalmente credo che sarebbe benvenuto un intervento che intervenisse strutturalmente sul cune fiscale, riducendo le tasse che gravano sull'impresa) ha aggiunto che a suo avviso le tasse andavano spostate sul prodotto, ossia sull'IVA.
Ecco, questa mi è sembrata una sbavatura piuttosto pesante.
Non crede il Presidente Boccia che aumentare ancora le tasse sul prodotto non farebbe che deprimere ulteriormente la domanda interna, già così fragile?
Non sarebbe meglio invece provare a ridurre le tasse sul lavoro, e contestualmente accrescere il potere d'acquisto delle retribuzioni (in questo senso, apprezzabili gli 80 euro al mese in più in busta paga, seppure con le mille storture del caso, e con la consapevolezza che non sono certo un intervento strategico).
Certo, sono interventi costosi, tuttavia non si può non cogliere la necessità di un cambio di passo.
Dove prendere i soldi?
Per esempio, si potrebbe pensare ad istituire una tassa piuttosto corposa sui beni di lusso (sì, via, con una parola: la patrimoniale), combattere con più efficacia evasione e corruzione, seguire alcune linee già dettate dai commissari alla spending review per ridurre la spesa pubblica improduttiva (che poi è il rilievo che ci fa la stessa Europa), dotarsi semmai di Uffici in grado di intercettare meglio le risorse europee, soprattutto quelle di investimento.
Ecco. La penso così. Da semplice osservatrice.
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