http://www.repubblica.it/economia/2016/05/30/news/classi_sociali-140893218/
Ilvo Diamanti, che alcuni anni fa scrisse quel pezzo molto interessante che per lungo tempo politologi e analisti citarono come chiave di lettura di quanto stava avvenendo (cfr. "Lo specchio rotto") mi pare centri ancora una volta il punto.
Quello che fu il ceto medio riflessivo, che già allora mostrava le proprie crepe e fratture, oggi si è completamente dissolto.
Nei fatti, perchè dall'analisi che Diamanti riporta, i dati economici sono assai preoccupanti: il 54% degli italiani si colloca nella fascia bassa o medio bassa (e sono il 12%in più rispetto al 2011). Specularmente, solo il 39% degli italiani si pone nel ceto medio -attenzione: non nella fascia alta! (ed è una cifra corrispondente all'11% in meno rispetto al 2011).
Accade, però, che anche sul piano della percezione (quella che chi parla bene chiama "sentiment"), gli italiani si sentano collocati in una fascia sociale inferiore a quella effettiva.
Quindi, in sostanza, emerge un quadro per cui la frattura sociale che nel Dopoguerra si era pian piano ridotta, da qualche anno si sta drammaticamente acuendo.
E gli italiani si rifugiano nelle reti sociali, nelle reti familiari, nella cosiddetta comunità. Che comunque saranno insufficienti a garantire la tenuta sociale. Pensiamo a quanto sta avvenendo, e sempre più prenderà forza, per esempio, sul tema delle pensioni, che da qui a qualche anno potrebbero, nella fragilizzazione del mercato del lavoro, essere fortemente travolte, per non parlare del calo demografico, e delle conseguenze endemiche che la mancanza della possibilità di progettare a lungo termine porta con sé.
Ed ancora, su un piano di cultura politica, e di cultura nel suo complesso, diventa difficilmente ipotizzabile che cosa avverrà nella capacità di elaborazione del pensiero politico del nostro Paese, se davvero verrà a mancare la forza propulsiva, sul piano produttivo, ma anche quella componente della società forse maggiormente in grado -da sempre nella storia- di guidare il processo di crescita nei Paesi occidentali.
Tutto ciò avviene in un momento nel quale la politica, impegnata ormai da troppo tempo in una narrazione non sempre (quasi mai) in linea con la realtà, assai preoccupante, che stiamo vivendo sembra guardare ad altro.
L'ottimismo proclamato, che è la molla che accompagna ogni ripartenza, rischia insomma di creare una sorta di "effetto ribound", e a trascinare nella sfiducia proprio coloro che, paragonando le proprie condizioni di vita al modello che viene propugnato ad ogni piè sospinto.
Credo che si debba tornare a riflettere sulle dinamiche che IIvo Diamanti pone alla nostra attenzione.
Altrimenti quella forbice, e non soltanto sul piano materiale, continuerà fatalmente ad allargarsi.
E dove regnano sfiducia e marginalità hanno gioco facile i populismi di ogni genere e matrice.
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