Esistono in queste ore difficili per tutti noi alcuni spazi nei quali tendo a rifugiarmi.
Credo sia un fatto assolutamente normale,che avviene per tutti noi.
Alcuni cercano conforto nei propri affetti,altri nel lavoro,altri ancora nella leggerezza -che,ben diversa dalla superficialità,è una forma altissima di rispetto per se stessi e per gli altri:la capacità di astrarsi aiuta ad essere più forti.
Io cerco rifugio nella riflessione.
E tante sono le domande che occupano i miei pensieri.
A parte,ovviamente,il vano interrogarsi sui sentimenti che attanagliano il cuore delle vittime del terremoto.
È una domanda oziosa,retorica: solo chi ha provato quel dolore può immaginare.
E allora,qui da casa mia,in una situazione personale non semplice (chi mi conosce sa..),gli interrogativi che hanno senso sono quelli dai quali può nascere una strategia,una prospettiva.
Perché io,che faccio politica perché non farla mi sarebbe impossibile,non posso che voler ripartire da qui.Da quello che possiamo fare.
Non solo con gli aiuti,questo mare di impegno che ogni volta gli italiani sanno riversare sulle vittime.
Ma anche col pensiero.
Ecco,io sento fortissima l' esigenza di un pensiero forte.Che,ben lontano dall'ideologia intesa come ortodossia,è invece l' esatto contrario.
Lo dico subito.Ho apprezzato la conferenza stampa del Presidente Renzi dopo il primo Consiglio dei Ministri successivo al terremoto.
Ho apprezzato la sobrietà del linguaggio,la serietà dell'atteggiamento -che mi è parsa sincera,non affettata -ma soprattutto mi è piaciuto il riferimento alla necessità di fare un salto di qualità.Tutti insieme:cittadini e politica -sistema politico,per la precisione.
Ho poi ascoltato le parole del dott.Boschi e del dott.Tozzi,che hanno spiegato che tutta la nostra dorsale appenninica è soggetta a eventi sismici (e in realtà basta guardare gli eventi succedutisi purtroppo assai frequentemente),e che hanno ricordato che tuttavia tale caratteristica non significa assolutamente doversi rassegnare a morte e distruzione.
Anzi,è vero esatto contrario:possiamo e dobbiamo lavorare perché gli eventi non siano più forti di noi.
Perché Norcia,che pure è stata colpita assai duramente dalle scosse,è rimasta in piedi,mentre Amatrice e altri centri sono stati praticamente spazzati via?
Perché una chiesa costata 300.000 euro,ed inaugurata il 13 agosto 2016 (undici giorni prima del terremoto,avete letto bene...) è crollata,così come l' ospedale costruito con criteri antisismici?
Io penso che ci sia davvero la necessità di un ripensamento in termini strategici non solo delle politiche di contenimento di consumo del suolo,ma anche di messa in sicurezza di quanto esiste.
Siano essi edifici privati,pubblici e/o beni architettonici (e per fortuna l'Italia ne è letteralmente intrisa).
Io non sono un tecnico,non ho le competenze per proporre una soluzione.
Però sono un'irriducibile appassionata della bellezza,che in Italia possiamo cogliere a piene mani semplicemente alzando lo sguardo,in qualunque parte del nostro Paese,e trovo che dovremmo tornare a farci ispirare dal bello e dal buon senso. Come ci hanno insegnato Etruschi,Greci e Romani.
Che sapevano costruire -eccome se sapevano.
Invece, oggi quanto ci preoccupiamo dell'idoneità del terreno su cui si è edificato,dei materiali che sono stati usati,dell'impatto che la costruzione dell' edificio avrà sul sito?
Allora -e sono pensieri di chi non ha,ripeto,alcuna competenza, ma solo il bisogno di riflettere- io credo che possiamo ripartire da qui.
Dall'interrogarci su cosa possiamo fare e come farlo.
Sicuramente,dovremo tornare ad avere un metodo caratterizzato da grande accuratezza.Non guidato unicamente dalla logica del profitto -che pure non è ideologicamente da condannare,purché non sia l'unico fine da perseguire- ma in grado di farsi esso stesso strategia.
Sarebbe bello partire subito con due segnali -uno concreto,e uno simbolico.
Il primo,che "rubo" da Vittorio Sgarbi: fare grande attenzione a che la ricostruzione avvenga nel rispetto delle caratteristiche geomorfologiche e vocazionali del territorio.E sia rispettosa delle caratteristiche della popolazione
Il secondo,dicevo "solo" simbolico -ma in questi tempi liquidi i simboli devono tornare ad avere un ruolo centrale: pensare ad un grande momento di riflessione collettiva,nel quale ingegneri,architetti,urbanisti e rappresentanze organizzate di cittadini possano avviare un processo di definizione di un piano strategico di valorizzazione e messa in sicurezza del patrimonio esistente,e linee stringenti per la costruzione di nuovi edifici ed insediamenti.
Un percorso che detti un'agenda chiara alla politica,con momenti di verifica stringenti e cadenzati.
Credo fra l'altro che sarebbe possibile attingere a risorse europee in tal senso.
Lo so: forse sono banalità,ma da qualche parte bisogna ripartire,e l'ovvio non è sempre necessariamente scontato.
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